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Filosofare sui mercati

Chiacchierate a ruota più o meno libera che sperano di aiutare i perplessi a diventare investitori più consapevoli

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Cosa sta succedendo alle azioni cinesi?

Gianni29 Ottobre 202229 Ottobre 2022

riporto ina serie di articoli che trattano le prospettive degli investimenti in cina soprattutto alla luce dell’involuzione politica di quel paese.

27/10/2022 Fugnoli: la diversificazione impossibile….

newsletter settimanale di Fugnoli (strategist di Kairos) che ipotizza il rischio di una divisione totale del mercato mondiale in due entità non comunicanti. Cina e satelliti e America e satelliti. Se l’America continua con la sua lotta alla Cina può succedere. Già adesso chi ha azioni titoli russi in mano li può’ utilizzare solo andando fisicamente in Russia…

Investire in un mondo diviso in due

Dalla Fortezza della solitudine, la sede antartica della rappresentanza permanente del pianeta Krypton sulla Terra, l’ambasciatore redige il suo rapporto annuale sulle vicende terrestri.

La divisione del pianeta in blocchi, scrive, procede spedita. Le sanzioni americane sulla vendita di semiconduttori alla Cina sono profonde ed estese. Gli effetti negativi saranno presto visibili non solo nell’alta tecnologia, ma in tutto il comparto industriale cinese. Già oggi è fiorente a Shenzhen un mercato secondario di semiconduttori ricavati da elettrodomestici rottamati e da vecchie automobili e rivenduti a prezzi straordinariamente elevati alle industrie. Con le sanzioni la penuria si aggraverà e metterà a rischio la sopravvivenza di molte imprese.

Da parte cinese, prosegue il rapporto, il XX Congresso ha dedicato l’applauso più lungo all’affermazione di Xi Jinping sulla questione taiwanese, che non può più essere passata da una generazione all’altra. È evidente che Xi intende essere ricordato dalla storia come il presidente che l’avrà risolta, così come ha già fatto con Hong Kong.

Il XX Congresso ha anche promosso Wang Huning al quarto posto della gerarchia del potere cinese. Wang è un intellettuale sofisticato che da due decenni è l’eminenza grigia del partito e che in questi anni ha molto ispirato Xi. A differenza di Suslov, il custode dell’ortodossia sovietica, Wang è una figura complessa e tormentata. Ha insegnato in America, apprezzandone i meriti, ma col tempo se ne è progressivamente disamorato fino a vederla come una plutocrazia decadente e instabile. La sua preoccupazione è oggi quella di ricostruire un nucleo duro di valori cinesi alternativi e antagonisti rispetto a quelli occidentali.

In una breve nota allegata al rapporto, l’attaché commerciale raccomanda che gli investimenti finanziari di Krypton sulla Terra, tenuto conto della crescente ostilità tra i blocchi, siano geograficamente diversificati tra America e Cina. Questa è del resto l’unica autentica diversificazione dei prossimi decenni. È visto invece con perplessità il tentativo tedesco di tenere aperta la porta alla Cina fino all’ultimo. Il rischio, per la Germania, è di trovarsi un giorno intrappolata e costretta ad abbandonare la Cina con perdite ben superiori a quelle, già rilevanti, provocate dall’interruzione dei rapporti con la Russia.

Fin qui i kryptoniani. Il loro concetto di diversificazione è impeccabile. Tenere tutto da una parte sola, in un contesto di ostilità crescente tra i blocchi e di incertezza sugli esiti del conflitto, non sarebbe ragionevole. Dopotutto, a parte lo shock di febbraio, gli investimenti finanziari in Russia hanno recuperato una parte rilevante del loro valore.

Vista da un terrestre occidentale, tuttavia, o anche da un cinese, la diversificazione tra blocchi diventa rischiosa nella prospettiva di una chiusura dei rispettivi mercati dei capitali, che arriverebbe molto prima di una chiusura dei rapporti commerciali. Si potrebbe finire con l’avere due portafogli paralleli non comunicanti. A gestirli bene potrebbero crescere entrambi, ma uno dei due non sarebbe spendibile.

Russell Napier, portando all’estremo il ragionamento, sostiene che il valore terminale degli investimenti in Cina per un occidentale è zero. Non è necessariamente così. Si potrà sempre andare a vivere in Cina e spendere laggiù i propri soldi. D’altra parte, si potrà sempre pensare che un giorno tutto si riaprirà e che, se non noi, i nostri figli o nipoti potranno riunificare i due portafogli paralleli.

Si tratta di decisioni da lasciare all’investitore finale. Un gestore o consulente potrà semmai presentare soluzioni di compromesso come quella di vendere metà della posizione sulla Cina e reinvestirla nei paesi asiatici vicini, che sono comunque legati al ciclo economico cinese senza essere a rischio di sanzioni.

Venendo ai nostri mercati, il recupero azionario (e, in misura minore, anche obbligazionario) non è pienamente convincente, ma ha d’altra parte la possibilità di diventare qualcosa di più di un bear market rally e di trasformarsi in un mini bull market. Le due cose possono sembrare in contraddizione e meritano quindi un approfondimento.

A non convincere è la natura in parte preelettorale del rialzo. Il controllo del Senato americano verrà deciso l’8 novembre dagli elettori suburbani di Pennsylvania e Georgia. In queste circoscrizioni la grande maggioranza degli elettori ha un piano 401K che include investimenti azionari.

Per fare rimbalzare un mercato ipervenduto basta poco. È stato in questo caso sufficiente che la democratica Daly (la presidente della Fed di San Francisco), fino a pochi giorni prima fermissima nell’appoggiare la priorità assoluta della lotta all’inflazione, aprisse alla possibilità di rialzi più graduali e ponderati. A distanza di poche ore la Yellen, dal Tesoro, ha parlato dei rischi per la stabilità del sistema finanziario globale, finora sempre esclusi dalle considerazioni di tutti gli esponenti della Fed.

Sono state le prime (e finora uniche) incrinature nel fronte della fermezza antinflazionistica in tutti questi mesi e il mercato le ha ovviamente valorizzate organizzando uno short squeeze che potrebbe ancora continuare.

Il recupero potrebbe essere però anche qualcosa di più, forse molto di più, se volessimo considerarlo come un’anticipazione del rialzo consistente che accompagnerà la pausa, ovvero il momento in cui la Fed dichiarerà di avere terminato il ciclo di rialzo dei tassi e si metterà in una posizione di attesa. Questo momento sarà verosimilmente in febbraio e infatti molte posizioni rialziste di derivati sono state costruite intorno a quel periodo. Nulla però vieta che un mercato impaziente, liquido e ipervenduto voglia anticipare una parte di questo movimento.

In questo nuovo contesto, i dati macro positivi che fino a ieri erano letti negativamente (in quanto rafforzavano la linea della fermezza della Fed) possono oggi essere invece letti con favore. Un’economia in ancora buone condizioni e una Fed che ritira i suoi artigli non si conciliano con una continuazione del ribasso. Aggiungiamo a questo alcune narrazioni che cominciano a girare con una certa frequenza tra gli economisti e nei mercati, come quella per cui la Fed, in caso di inflazione persistente intorno al 4 per cento, potrebbe, invece di mettere in ginocchio l’economia globale, alzare dal 2 al 4 per cento il suo livello-obiettivo. O come quella sintetizzata da Jared Dillian. Ci avevano promesso una recessione, si chiede, ma dov’è?

I rischi, tuttavia, rimangono e sono solo spostati più in là. A questi livelli, e ancora di più quando il recupero sarà proseguito, i mercati non scontano il petrolio che può risalire, il freddo che potrebbe tornare in Europa, le scorte di gas che da aprile in avanti non saranno facili da ricostituire, l’inflazione che potrebbe mettere radici e l’economia americana che dall’inizio dell’anno prossimo riprenderà a rallentare ed entrerà in recessione nella seconda metà del 2023. Tantomeno scontano la possibilità che, dopo la pausa, la Fed si renda conto che potrebbe occorrere un secondo ciclo di rialzi.

In conclusione, in questo quadro fluido e complesso, la sintesi è che per qualche mese non varrà la pena di avere posizioni nette al ribasso. Si potranno invece, con prudenza e in momenti di debolezza, incrementare le posizioni al rialzo. L’orizzonte temporale non dovrà essere però molto lungo e per metà 2023 converrà di nuovo tornare leggeri.

28/10/2022 Barron’s: Le Azioni Cinesi sembrano a buon mercato. Ma i cacciatori di occasioni rischiano di perdere alla grande.


Di Jack Hough

Le azioni cinesi sono le più economiche da un decennio. Tuttavia, data l’imprevedibilità di Xi Jinping, non sono una scommessa sicura.Stri/AFP/Getty Image

Trent’anni fa Eaton Vance lanciò un fondo comune negli Stati Uniti per investire in Cina. Ricordo il buffet del loro venditore all’ingrosso.

Un grossista di fondi comuni di investimento, se non hai familiarità con il termine, è qualcuno che convince le persone a convincere altre persone ad acquistare fondi comuni di investimento. All’epoca, ero un giovane broker in una società’ finanziaria e il mio lavoro era telefonare (internet era agli albori) ai potenziali clienti per vendere loro prodotti. Non avevo quasi clienti, ma i grossisti non lo sapevano, e partecipavo a tutte le loro convention per abbuffarmi al buffet .

La Cina ha un miliardo di persone, spiegò il tizio di Eaton Vance. La sua economia è piccola, ma sta abbracciando il capitalismo e la libertà, quindi è destinata a salire. Investire lì ora è come entrare cento abnni fa sulle azioni statunitensi.

Sembrava plausibile. Un anno prima del lancio del fondo, un uomo di nome Boris Eltsin era salito su un carro armato a Mosca per sfidare un colpo di stato comunista , e ,l’Unione Sovietica era sparita. Appena un decennio prima, avevo fatto esercitazioni a scuola per prepararmi a un attacco nucleare sovietico. Il mondo stava cambiando rapidamente.

Al suo merito, Eaton Vance Greater China Growth  (ticker: EVCGX) ha reso quasi il 5% all’anno dall’inizio, mentre l’ampio mercato cinese non ha fatto quasi nulla. Ma il mercato statunitense nello stesso periodo ha reso il 10% all’anno.

Cosa è andato storto? Non la crescita. L’economia cinese è salita alle stelle, proprio come aveva previsto il grossista, anche senza capitalismo. Ma era sbagliata l’ipotesi che il prodotto interno lordo e i rendimenti delle azioni siano strettamente collegati. Una ragione è che la forte crescita e’ spesso stata fatta da nuove aziende non ancora quotate che una volta in borsa hanno fatto prezzi . troppo cari.

Oggi, gli investitori statunitensi hanno la possibilità di acquistare di società cinesi di livello mondiale quotate sulle borse statunitensi e il crollo degli due anni le fa sembrare a molti di loro a buon mercato. Alibaba Group Holding (BABA), un colosso basato sui dati nella vendita al dettaglio, nella logistica, nei prestiti e altro ancora, ha generato 89 miliardi di dollari di cash flow negli ultimi cinque anni, rispetto ai 75 miliardi di dollari per Amazon.com (AMZN). Le sue azioni sono inferiori al loro prezzo di debutto nel 2014.

Il valore di mercato di Alibaba di 168 miliardi di dollari è ora una frazione dell’ 1 trilione di dollari di Amazon. Il gigante della ricerca Baidu (BIDU) quota 11 volte i guadagni e il produttore di videogiochi NetEase (NTES), 13 volte. La svendita della scorsa settimana è stata “disconnessa dai fondamentali” e “presenta un’opportunità”, sostengono gli strateghi di J.P. Morgan in una nota.

Ma mi chiedo se la Cina sia diventata non investibile. O più specificamente, la migliore scelta per gli investitori statunitensi e’ di investirci zero,?

Ho esposto il caso dell’orso la scorsa settimana (lo ho tradotto sotto). Le azioni cinesi sono quotate in America come ADR che non danno agli investitori statunitensi diritti di proprietà in Cina e le relazioni economiche tra i due paesi sono sempre più spinose. Xi Jinping, il leader cinese più potente dopo Mao, ha scatenato l’ultima svendita sostituendo esperti tecnici favorevoli al mercato nel suo gruppo di leadership con suoi YesMen. Cosa impedisce a Xi di intraprendere azioni aggressive contro gli investitori statunitensi o le società che hanno raccolto denaro da loro?

Le ADR cinesi, dopo tutto, si basano su un’ipocrisia inconciliabile. Le aziende raccolgono fondi in due modi principali: prendere in prestito (obbligazioni) e vendere la proprietà di parti (azioni). La Cina vieta la proprietà straniera in ampie fasce della sua economia. Ma le sue società vogliono il cash eia mercato liquido offerto dagli Stati Uniti. E gli investitori statunitensi, durante un decennio di tassi di interesse vicini allo zero, erano pronti per quasi tutto. Quindi, le società cinesi hanno creato “entità a interesse variabile” offshore, o VIE, con diritti a una quota dei loro utili, e hanno venduto la proprietà in questi.

Le autorità di regolamentazione statunitensi non amano l’accordo perché le aziende cinesi hanno contabilità’ diciamo così “creative”. Questo per scelta ; la Cina considera molti dettagli contabili come segreti di stato. I legislatori statunitensi hanno detto a queste aziende di conformarsi ai principi contabili americane o di delistarsi e la Cina dice che fornirà maggiori informazioni finanziarie, ma c’è anche un periodo di tre anni che le aziende possono utilizzare per creare quotazioni secondarie, e alcuni hanno fatto proprio questo a Hong Kong. Queste azioni H, come vengono chiamate, offrono anche un’esposizione VIE piuttosto che una vera proprietà

Ora per equità vorrei dare la parola anche ad un analista “toro” sulle azioni cinesi. Jason Hsu, un rinomato ricercatore di mercato diventato gestore di denaro, prima negli Stati Uniti e ora in Cina, attraverso Rayliant Asset Management.

“Il pendolo oscilla sempre all’estremo”, dice Hsu dei timori che gli investimenti azionari statunitensi in Cina siano costruiti su un terreno traballante. “Penso che ci sia un’ipotesi troppo pessimistica sull’interesse delle autorità cinesi a farlo essenzialmente saltare in aria e cancellare gli investitori globali”. Uno degli obiettivi di Xi è quello di rendere il renminbi cinese una valuta globale e un concorrente del dollaro USA, dice Hsu. Bastonare gli investimenti basati sul renminbi minerebbe questo obiettivo. “Non lo farebbe”, dice.

Hsu afferma che gli investitori che hanno la possibilità di vendere ADR cinesi e acquistare azioni di Hong Kong comparabili dovrebbero farlo e catturare qualsiasi perdita fiscale. Alibaba ha chiesto di convertire le sue azioni secondarie di Hong Kong in azioni primarie alla fine di quest’anno, il che lo renderebbe ammissibile al programma Stock Connect che collega i mercati di Hong Kong e della Cina continentale. Hsu si aspetta di più, con alcune società che rimpatriano completamente le loro quotazioni emettendo azioni continentali mentre acquistano quelle di Hong Kong. “Questo problema sarà risolto”, dice. “Non sarà risolto in un modo che stia solo derubando apertamente gli azionisti esistenti”.

Nel frattempo, UBS sottolinea che le azioni cinesi sono le più economiche in un decennio e che le sorprese politiche positive potrebbero creare un forte rally, ma che sta aspettando più certezza. Raccomanda agli investitori di attenersi a una ponderazione delle azioni del 3% in Cina, pari alla sua quota dei mercati azionari mondiali. E non mi è ancora chiaro sul perché i risparmiatori a lungo termine abbiano bisogno anche del 3%. I giganti della tecnologia degli Stati Uniti stanno crollando. Ma lo è anche Alibaba, che ha annunciato licenziamenti tra il calo delle entrate e dei profitti.

Il nuovo caso per la Cina sembra essere che il capitalismo e la libertà sono fuori questione, ma che le azioni stanno valutando il potenziale di confisca, e nemmeno questo accadrà. Preferisco il campo di 30 anni fa, quando almeno ci ho guadagnato un panino.

25/10/2022 Barron’s: Le azioni cinesi urlano “comprami!” Non Farlo!

DI Jack Hough

La svendita di lunedì delle azioni cinesi è stata scatenata dalla preoccupazione degli investitori per la mano pesante del governo. Sopra una mostra d’arte digitale a Hong Kong.Anthony Kwan/Getty Images

Un’altra brutale svendita per i campioni tecnologici cinesi presenta agli investitori statunitensi un affare pericoloso. Azioni come Alibaba BABA –12,51% sono profondamente scontati rispetto alle loro controparti statunitensi. Ma più che azioni forse è meglio considerarle fiches da casino’ perché sono legate ad una speranza di economia aperta che sta diventando sempre più difficile da credere.

Due anni fa, il gigante dell’e-commerce Alibaba Group (BABA) stava crescendo più velocemente di Amazon.com AMZN , con profitti migliori e metà del valore di mercato azionario. La battaglia tariffaria con gli Stati Uniti cominciava ad incedere, ma quale azione di buon valore non ha qualche problema?

Da allora, le azioni di Alibaba quotate a NY sono crollate dell’80%. Ciò include un calo del 12% lunedì in mezzo a un più ampio calo delle azioni cinesi quotate in America, L’ETF che le traccia di tali azioni, Invesco Golden Dragon China  (PGJ),lunedì’ ha perso il 14%.

Le prospettive commerciali hanno giocato poco ruolo nell’ultimo selloff. Lunedì, la Cina ha detto che la sua economia è cresciuta a un ritmo del 3,9% anno su anno durante il terzo trimestre, al di sotto del suo obiettivo, ma al di sopra delle aspettative di Wall Street.

Più preoccupante per gli investitori statunitensi è che il premier Xi Jinping, ignorando la prassi che voleva una guida collegiale della Cina con un continuo ricambio al vertice, lo scorso fine settimana si e fatto eleggere per un terzo mandato quinquennale come capo del Partito Comunista al potere, ed ha riempito di sui fedelissimi il comitato centrale del partito. È un segno che la Cina continuerà a perseguire obiettivi sociali a scapito delle riforme del mercato e dei profitti.

La svendita di lunedì ha rappresentato gli investitori un “risvegliarsi per il rischio di autocrazia”, secondo Perth Tolle, creatore dell’indice che utilizza i punteggi di libertà economica nella sua selezione azionaria.

Le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina sono andate ben oltre le tariffe. I semiconduttori sono vitali quanto il petrolio per le economie moderne e l’ultimo divieto di esportazione degli Stati Uniti che copre le macchine per la produzione di chip potrebbe ostacolare il settore tecnologico cinese.

Nel frattempo, lunedì, in un caso che ha coinvolto un doppio agente che lavora per gli Stati Uniti, il Dipartimento di Giustizia ha accusato Pechino di corruzione per vantaggio competitivo.

Alibaba è scesa solo al 15% del valore di mercato azionario di Amazon. Le sue proiezioni di guadagni non hanno tenuto il passo con quelli di Amazon, in parte perché manca la massiccia presenza di Amazon nel cloud computing. E l’economia cinese sembra traballante. Ma il titolo quota uno scarso otto volte gli utili, suggerendo che le grandi sfide sono correttamente pesate nel prezzo.

Il problema è che le azioni dovrebbero rappresentare la proprietà condivisa nelle imprese e venire con un voto su come funzionano le cose. Ci sono buone imprese che limitano la parola ad alcuni usando azioni di super voto e altri espedienti. Ma gli ADR cinesi non rappresentano affatto la proprietà delle attività sottostanti. Sono azioni di società offshore che “tracciano” società in Cina, il che ha permesso a tali società di raccogliere denaro dagli investitori statunitensi senza violare le regole cinesi contro la proprietà straniera.

In effetti sono delle scatole vuote e il loro destino è nelle mani di un uomo che ha mostrato poca preoccupazione negli ultimi tempi per i mercati. Questo non rende gli ADR inutili. Ma gli investitori dovrebbero pensare a loro come partecipazioni che possono guadagnare molto o perdere tutto, per ragioni che potrebbero essere totalmente distaccate dai flussi di cassa o da altre realtà economiche.

In altre parole, sono più simili alle criptovalute che alle azioni e prezzi più bassi non significano necessariamente offerte migliori.


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