Mio Dio come sono caduta in basso!

Rubo il titolo a un film di Laura Antonelli – sogno erotico di tutti i giovani di 50 anni fa…- per aprire un nuovo capitolo di questo mio Blog: Società che sono andate male e che potrebbero – attenzione: POTREBBERO – essere sul punto di un giro di svolta e ripartire alla grande. Di solito -ma non sempre – il giro di svolta inizia con l’arrivo di un nuovo manager oppure per una serie di nuovi sviluppi.

Quale è il rischio/opportunità di simili società? Il rischio è facile da comprendere: la svolta non riesce, l’azienda fallisce – o meglio visto che parliamo per lo più di aziende americane va in Chapter 101 – e si perdono tutti o quasi i soldi investiti.

Ma se il turnaround funziona i guadagni possono essere straordinari… Il caso emblematico è quello dell’Apple ridotta in condizioni disperate dopo la cacciata di Steve Jobs e il susseguirsi di manager incapaci . Ma con il suo ritorno nel 1997 apple iniziò la cavalcata trionfale che la ha portata a valere oggi (23/12/23) tre triliardi di dollari .

Per restare più vicini a noi il caso General Electic: azienda nata nel 1892 per quasi un secolo pilastro dell’indice DowJones fino ad esserne cacciata dopo una lunga decadenza dovuta ad una serie di investimenti sbagliati. Nell’ottobre 2018 GE prese come amministratore delegato Lawrence Culp che veniva da tutt’altro settore e che con una cura di cavallo vendendo le attività secondarie e in perdita e concentrandosi su i settori più promettenti scorporati in tre nuove società assegnate ai soci ha rilanciato alla grande il gruppo

Quale sarà la prossima GE? ah saperlo….. Però qui raccoglierò degli articoli su società che a mio giudizio – e qui richiamo il mio DISCLAIMER – potrebbero avere delle chances…




14/04/24 Sole 24 Ore: intervista a Labriola

notate l’accenno alle azioni di risparmio: sia nel caso di un dividendo straordinario che di una conversione sarebbe un win…


26/03/24 il Foglio: analisi su Tim


25/03/24 AcomeA: Telecom Italia, siamo alla svolta?

Telecom Italia, siamo alla svolta?

A cura di Antonio Amendola, Portfolio Manager, AcomeA SGR

Telecom Italia, leader italiano e fu leader mondiale delle telecomunicazioni, ha una storia travagliata che arriva da molto lontano e che continua tutt’ora.

Partiamo dai fatti e iniziamo con la compagine azionaria: 23.75% della società francese Vivendi, 9.81% della Cassa Depositi e Prestiti (CDP), 0.69% del gruppo Telecom Italia, 3.75% investitori istituzionali italiani, 44.2% investitori istituzionali esteri, 17.8% altri investitori. Questi sono i dati ufficiali riportati dalla stessa Telecom e che, ai fini dell’analisi dei fatti, teniamo in considerazione per i due macro blocchi Vivendi (23.75%) e CDP (9.81%) poichè, al momento, non abbiamo visibilità sul comportamento degli altri azionisti, nonostante saranno determinanti per le sorti di TIM.

Lo scorso 7 marzo, la società ha presentato un aggiornamento del suo piano industriale con i seguenti numeri condensati:

  • al 2024 la società si aspetta un debito (post cessione della rete) d 7.6 miliardi di euro con una leva inferiore alle 2 volte ma un valore assoluto di un miliardo circa più alto di quello che si aspettava il mercato. Gli analisti avevano infatti in mente un debito al 2024 di 6.6 miliardi. Questo è stato il primo elemento che ha allertato il mercato;
  • al 2026 la società si aspetta una riduzione del debito, tramite la generazione di cassa operativa, fino al raggiungimento del valore assoluto di 7-7.5 miliardi di euro. Questo il secondo elemento di allarme perché, facendo un calcolo approssimativo, implicherebbe che in arco piano la società non genera cassa al livello operativo;
  • il management ha precisato però che la generazione di cassa avviene sia nel 2025 sia nel 2026 ma viene assorbita da poste straordinarie legate alla dismissione della rete, agli interessi sul vecchio debito e al capitale circolante. Tutte poste straordinarie che però sottendono un andamento positivo della gestione operativa e in particolare del business Consumer domestico che è sempre risultato problematico

Questi elementi quantitativi hanno innescato il primo panic selling sul titolo durante la presentazione dei numeri che ha spinto il titolo anche in area -28%, peggior risultato di TIM in un solo giorno di contrattazione. Cosa ha causato questa prima reazione? Le motivazioni sono molteplici:

  • Dubbi sulla sostenibilità della società. Visto che la vendita della rete dovrebbe riportare la società sulla strada della generazione di cassa, come mai non si vede? In realtà, a livello operativo, la società genera cassa ma viene oscurata da elementi one off che potrebbero anche essere visti al ribasso come gli interessi sul debito esistente in caso di miglioramento del rating creditizio;
  • Mole ancora elevata di debito nonostante lo scorporo della rete. 7-7.5 miliardi di euro in arco piano sono ancora in valore assoluti elevati, tuttavia, questo valore non tiene conto dei possibili earn-out conseguenti alla vendita della rete (altri 2 miliardi circa rimanendo conservativi) e della vendita di Sparkle (7-800 milioni circa). Le leva al 2026 dovrebbe essere nell’intorno dell’1.6-1.7 in linea con i migliori player del settore;
  • Dubbi sulla credibilità del management e sulla loro pessima comunicazione. La società ha totalmente sbagliato l’approccio a questo Capital Market Day (CMD) non preparando bene in anticipo il mercato su queste poste straordinarie presenti nel piano, e non preparando bene sul livello di partenza superiore di 1 miliardo di euro rispetto alle stime. Questo ha dato un duro colpo alla credibilità del management che invece doveva dimostrarsi meritevole di fiducia per un secondo mandato;
  • Totale sfiducia nella società data la sua storia. Per la prima volta da anni, molti fondi speculativi avevano iniziato a dare credito al management e al loro piano, tuttavia si sono trovati traditi nelle aspettative e hanno immediatamente applicato una semplice equazione: 1 miliardo di euro aggiuntivi di debito equivale a 1 miliardo in meno di capitalizzazione e, cosa più importante, per tornare ad essere positivi la società deve dimostrare di essere in grado di portare a casa i numeri preventivati. 

Risultato di questo drammatico evento è una capitalizzazione post-CMD di circa 4.6 miliardi di euro. Superato la tappa del CMD, la prossima tappa cruciale è l’assemblea degli azionisti chiamati a nominare un nuovo board o a confermare quello attuale. La data dell’assemblea è fissata per il 23 aprile con termine ultimo per la presentazione delle liste il 29 marzo. A questo punto della storia riprendiamo i due blocchi di principali di azionisti e le loro intenzioni:

  • Vivendi 23.75%: con la sua partecipazione ha un potere quasi di veto sulle liste presentate, a seconda della partecipazione in assemblea. A oggi non sono ben note le sue intenzioni, nonostante sia il primo azionista, tranne che il fatto che ha svalutato la sua quota a 0.21 euro circa e che è stato sempre contrario alla vendita della rete. Contrarietà mai corroborata da un piano alternativo e/o dalla disponibilità a partecipare a una iniezione di capitale aggiuntivo;
  • CDP 9.81%: la società a controllo statale ha da sempre appoggiato il piano Labriola e lo spin off della rete, essendo entrata insieme a MEF e a KKR nella futura Netco. Ad oggi però, senza l’appoggio di altri investitori o senza la convergenza di Vivendi, non ha pieno potere per influenzare drammaticamente la governance;
  • Investitori esteri 44.2%: il vero ago della bilancia che dovrebbe aiutare la compagine governativa o quella transalpina. Al momento visto inoltre l’enorme mole di scambi dopo il capital market day (oltre il 30%) è difficile mappare di nuovo le loro intenzioni. Una cosa è certa, difficilmente sono rimasti molti supporter di Labriola;
  • Investitori italiani 3.75%: generalmente sotto il cappello di Assogestioni che al momento non hanno manifestato interesse nel presentare una loro lista e potrebbero appoggiare la posizione della CDP

Come ci avviciniamo all’assemblea e quali sono le liste attualmente sul tavolo. A oggi ufficialmente abbiamo solo la lista del CDA uscente con il piano descritto prima. Ci sono stati rumor su una ipotetica lista alternativa presentata dal fondo Merlyn. Fondo che aveva provato già a novembre a dire la sua proponendo di non vendere la NetCo a KKR. Interessante notare però che, stando alle ultime indiscrezioni, anche questo challenger ha inserito la vendita della rete oltre alla vendita del Brasile e della parte consumer. Con l’avvicinarsi della deadline per la presentazione delle liste, è emerso un ulteriore dettaglio rilevante che ha messo i mercati in fibrillazione: secondo S&P Global, attualmente sarebbero state prese in prestito azioni Telecom per un controvalore pari a circa 1 miliardo di euro, ovvero il 20% della capitalizzazione il valore di prestito più alto dal 2005. La prima reazione dei mercati è stata di ipotizzare un massiccio short contro il titolo Telecom ma, al livello tecnico, il prestito delle azioni può servire anche semplicemente per avere più voti in assemblea. A questo punto ci sono due considerazioni:

  • se il 20% della capitalizzazione è stata preso in prestito a questi livelli di prezzo, qualcuno scommette sul fatto che salti la vendita della rete per qualche motivo e che la società sia costretta a fare aumento di capitale (stile monte dei paschi di Siena). Tuttavia, se questo fosse la scommessa, non solo è molto affollata, ma anche rischiosa. Ad oggi, l’unica possibilità di bloccare la vendita della rete viene dalla DG Comp (ultimo tassello è l’approvazione del regolatore europeo atteso per l’estate) o dalla giustizia ordinaria italiana (in quanto Vivendi ha fatto ricorso contro la vendita della rete stessa ma si attende ancora la data della prima udienza). Qualunque sia il nuovo management della società, e ne è parzialmente riprova il cambio di passo di Merlyn, non può invertire la rotta sulla vendita. Inoltre, se davvero fossero state vendute allo scoperto, avremmo dovuto vedere una pressione molto importante e superiore o pari a quella del 7 marzo;
  • se il 20% della capitalizzazione è stata presa in prestito per votare in assemblea allora ci sono alcune considerazioni. La prima è che a breve (entro il 29) vedremo le carte scoperte. La seconda è che, chiunque sia, sta sostenendo un costo per questo prestito e, cosa più importante, si sta muovendo senza l’appoggio del Governo che potrebbe essere determinate in una società di questa portata strategica. 

Arriviamo ora alla valutazione di Telecom e alla sua famosa somma delle parti, a patto che venga venduta la rete altrimenti le considerazioni sono del tutto prive di fondamento perché si aprirebbe uno scenario da aumento di capitale diluitivo. A oggi Telecom capitalizza poco più di 4,5 miliardi di euro con un debito post cessione della rete di 7,6 miliardi di euro. La società è composta da Telecom Enterprise (la Star), Telecom Consumer (il business distressed), la controllata TIM Brazil e Telecom Sparkle che gestisce i cavi sottomarini. Telecom Entreprise, business ad alta crescita, fu valutato 2 anni fa da CVC circa 6 miliardi di euro. La parte controllata di Tim Brazil vale in borsa a oggi 5 miliardi di euro circa. Telecom Sparkle è in trattative per essere venduta al Mef/CDP per circa 600/800 milioni di euro. In aggiunta all’incasso alla vendita della reta, a seconda di alcune milestone come la fusione tra NetCo e Open Fiber, Telecom può avere diritto ad altri 2/3 miliardi di euro di Earn out. Quindi inserendo tutti questi numeri, a oggi, la parte consumer non solo non viene valutata, ma ha addirittura un valore negativo. Giusto o sbagliato che sia questo lo determinerà il mercato e il nuovo management con i risultati ottenuti, sulla consumer e sul settore delle Telecom in generale occorre però una ultima considerazione.

Il settore delle Telecom Europee vive una situazione di vessazione regolatoria che fu simile al settore bancario post crisi dei debiti sovrani. Il settore Telecom europeo è un settore strategico, ad alta intensità di investimento, ma con pochissima leva sui rendimenti. In Europa, l’elevatissimo numero di player ha portato le tariffe in costante ribasso, scenario inverso negli Stati Uniti. Questo contesto però, si sta rivelando insostenibile per il settore e per gli importanti investimenti strategici da perseguire. Il regolatore europeo, forse più ragionevolmente dopo le elezioni di questa estate, dovrebbe rivedere il suo approccio in tema di aggregazione tra i player esistenti e favorirne il consolidamento per migliorarne la redditività e la conseguente capacità di investire. Questo è un upside sul settore che, allo stato delle cose, non ha più tempo per arrancare inseguendo una disciplina europea datata e non in linea con le esigenze strategiche del continente.

Come detto all’inizio, la storia di Telecom arriva da molto lontano ed è una storia tutta italiana di distruzione di valore. Tuttavia, il settore delle telecomunicazioni e il suo sviluppo saranno sempre più strategici per un mondo che fa dei dati il suo petrolio. Telecom inoltre impiega, solo nel nostro Paese, più di 40mila persone e questa vicenda avrà degli impatti che vanno ben oltre il mero prezzo di borsa. È stata sicuramente una storia gestita male, in primis, dagli azionisti e, in seguito, dal management che hanno sottovalutato la fluidità e l’aggressività del mercato dei capitali. A questo punto però è il momento di ridare dignità al fu campione nazionale e mondiale delle telecomunicazioni che rischia di cadere sotto i colpi delle speculazioni del mercato


21/03/24 Aggiornamento TIM: articolo sulle vendite allo scoperto (Milano finanza)

Tim, quasi 1 miliardo di euro di posizioni ribassiste. Ecco perché il titolo è crollato dopo il piano di Labriola

di Francesca Gerosa

Le azioni in prestito sono salite al 19,33% del capitale del colosso tlc. Lo ricostruisce il Financial Times. La quota segna il più alto livello di posizioni corte dal 2005 per un ammontare di 930 milioni di euro: tra queste spuntano quelle di BlackRock e Capital Fund. Due le alternative per Vivendi in vista dell’assemblea del 23 aprile. Intanto gli analisti valutano lo spezzatino di Tim proposto dal fondo Merlyn. Sindacati sul piede di guerra

Mentre il titolo Tim è apparentemente calmo a Piazza affari (+0,31% a 0,224 euro), il Financial Times svela che le posizioni ribassiste contro l’azione sono «almeno raddoppiate» dopo la presentazione del nuovo piano industriale targato Pietro Labriola, andato indigesto al mercato. Non solo. Le scommesse ribassiste hanno raggiunto il picco da quasi vent’anni. Lo si desume dai dati di S&P Global sul prestito titoli, ritenuto un indicatore affidabile di quelle che sono le posizioni corte su una società. 

Il più alto livello di posizioni corte su Tim dal 2005

Ebbene, secondo S&P Global, come ricostruisce il Financial Times, le azioni in prestito sono salite al 19,33% del capitale del colosso tlc, quota che «segna il più alto livello di posizioni corte dal 2005» e il cui ammontare è pari a circa 930 milioni di euro. Gli unici ribassisti di cui si conoscono i nomi e le quote, perché rese note alla Consob in quanto titolari di posizioni corte superiori allo 0,5% del capitale, sono il Canada Pension Plan Investment Board (0,5%), l’hedge fund Qube Research & Technologies (0,72%) e, stando a quelle aggiornate al 20 marzo, BlackRockInvestment Management (0,53%) e Capital Fund Management (0,51%). Il quotidiano britannico ha anche ricordato che le azioni a prestito di Bt sono pari all’11% del capitale e quelle di Deutsche Telekom allo 0,5% del capitale. 

Gli analisti valutano lo spezzatino proposto dal fondo Merlyn

Il piano industriale di Tim è stato accolto male dal mercato, proprio mentre
l’ad Labriola sta cercando una conferma del suo mandato nell’assemblea degli azionisti del 23 aprile. Assise a cui prenderà parte anche il fondo Merlyn, guidato da Alessandro Barnaba, che detiene lo 0,53% nel capitale di Tim e che il 20 marzo ha proposto, come piano alternativo (TValue), la cessione di NetCo, di Tim Brazil entro il 2024 per ridurre il debito e mantenere l’occupazione in Italia e di ConsumerCo entro il 2025. Nelle prossime settimane gli analisti si aspettano che possa emergere più visibilità sul progetto, sulle persone a cui il fondo intende affidarne l’esecuzione (la presentazione delle liste alternative al cda deve avvenire entro il 29 marzo) e sulla razionalità del timing delle operazioni prospettate.

I sindacati sono già sul piede di guerra. Domani 22 marzo a partire dalle 10 le lavoratrici e i lavoratori di Tim saranno in presidio sotto il ministero delle Imprese e del Made in Italy, a Roma, per chiedere al governo di convocare un tavolo di confronto. «Con la presentazione del piano alternativo del fondo Merlyn, che prevede un ulteriore spezzettamento dell’azienda, ormai è chiaro il rischio che la vicenda possa diventare una mera questione finanziaria, con evidenti risvolti negativi sul futuro delle lavoratrici e dei lavoratori», hanno dichiarato il segretario confederale della Cgil, Pino Gesmundo, e il segretario nazionale della Slc, Riccardo Saccone. 

Due le alternative per Vivendi in vista dell’assemblea del 23 aprile

«Sarà interessante verificare la posizione del socio francese Vivendi (detiene il 23,75% del capitale ordinario di Tim, ndr), in merito alle proposte del piano Merlyn ed eventualmente alle persone indicate per eseguirlo, tema su cui ad oggi non sono emersi spunti», afferma Equita. In realtà, Labriola avrebbe incontrato alla vigilia Vivendi e discusso di possibili dividendi straordinari dall’incasso dell’earnout relativo alla cessione di NetCo (2,5 miliardi) e dalla cessione della quota in Inwit (0,3 miliardi) e di Sparkle (0,7 miliardi). Nell’incontro Vivendi avrebbe confermato la sua contrarietà alla cessione di NetCo alla valutazione concordata con Kkr, alla riconferma di Labriola e allo spezzatino promosso da Merlyn visto che contempla la cessione della rete a Kkr. In merito alla posizione del governo, il ministro dell’economia, Giancarlo Giorgetti, è stato chiaro: l’esecutivo ha fatto quanto era di sua spettanza e che ora valuterà il mercato «se avventurarsi in altre direzioni».

Considerando il significativo peso nell’azionariato, Vivendi è destinata ad avere un ruolo determinante sul futuro di Tim e ha di fronte due possibili alternative in vista del voto del 23 aprile, secondo Intermonte. La prima: supportare la proposta di Merlyn che promette un buon ritorno finanziario, ma non immediato dal momento che le cessioni richiedono tempo, soprattutto quella di ConsumerCo, asset oggi in fase di ristrutturazione e su cui restano aperte le questioni antitrust. Inoltre, uno spezzatino del gruppo esporrebbe la società e gli azionisti a importanti rischi di esecuzione finché il titolo Tim resterà quotato. Invece, un delisting del gruppo consentirebbe a tutti gli azionisti di cristallizzare un premio upfront sulla somma delle parti e di risolvere definitivamente anche il nodo delle azioni di risparmio. Infine, il cambiamento di posizione di Merlyn, ora a favore della cessione di NetCo alle valutazioni concordate con Kkr, dovrebbe indurre Vivendi a non appoggiare questa lista, per coerenza con la posizione finora espressa su NetCo e visto che si è sempre dichiarata contraria a uno spezzatino del gruppo. 

Seconda alternativa: trovare un accordo in extremis con Tim e Cdp/governo per non osteggiare (tramite l’astensione al voto) la lista del board uscente, chiedendo in cambio una revisione del piano industriale per rafforzare la visibilità sulla sostenibilità della ServiceCo e fornire maggiori garanzie sui ritorni futuri agli azionisti. In questo senso a Intermonte sembrano positive le presunte aperture di Labriola sulla possibilità di un dividendo straordinario una volta incassati gli earnout sulla rete e monetizzato la quota in Inwit e Sparkle. Questa seconda strada, che propone una strategia di rilancio industriale di lungo periodo e con minori rischi di esecuzione, appare più coerente con la posizione storicamente espressa da Vivendi

Equita valuta la somma delle parti di Tim 

Ad oggi, comunque, la somma delle parti del gruppo Tim porta a una valutazione più elevata del prezzo attuale in borsa, nonostante il forte calo del titolo (4,8 miliardi la capitalizzazione di mercato) dopo la presentazione del piano Labriola. La somma delle parti fatta da Equita porta a una valutazione di 35 centesimi di euro per azione (rating buy) in cui la Sim assume per Tim Brazil e Inwit il valore di mercato, un valore di 750 milioni per Sparkle e un multiplo di 3,1 volte per ConsumerCo e 6,6 volte per EnterpriseCo, al netto di debito e fondi rischi/pensione.


17/03/24 Sempre a proposito di Tim: intervista del Corriere della Sera all’amministratore delegato

La caduta in Borsa? Serve calma e fiducia nel piano. Parla il ceo di Tim, Pietro Labriola. «Siamo tornati competitivi».
E’ stata la settimana più difficile da quando nel 2022 ha assunto la guida dai Tim. Ma Pietro Labriola è convinto di aver preso la direzione giusta, che il piano “Free to run”, pensato per la nuova Tim senza la rete, sia in grado di sfruttare tutto il potenziale del gruppo per generare valore, nonostante la reazione negativa della Borsa. «Provo a fare una sintesi degli ultimi due anni. Siamo arrivati dopo tre profit warning e un impairment da 8 miliardi. Di fronte avevamo tre sfide — ricorda il ceo di Tim —: gestire le scadenze del debito in un contesto di mercato difficile con tassi alle stelle e due guerre in corso. Lo abbiamo fatto, rifinanziando oltre 7 miliardi in due anni, sembrava impossibile e ora ci stiamo attrezzando per garantire una copertura adeguata fino al 2029. Secondo, abbiamo riportato l’operatività in una situazione di normalità, soprattutto in termini di competitività: gli indicatori di performance parlano chiaro, il trend è in costante miglioramento sia per i ricavi che per Ebitda. Sul domestico siamo tornati a crescere dopo 22 mesi in calo. Terzo e non meno importante, siamo a un passo dal risolvere definitivamente il fardello del debito con la vendita della rete. Abbiamo reso reale un progetto che da 20 anni teneva banco. Ora sul tavolo fino a 22 miliardi: abbiamo accettato un’offerta da 18,8 miliardi che porterà al closing entro l’estate».
Questo è quello che ha fatto, ma il mercato guarda avanti e il giudizio che ha dato sul piano di Tim al 2026 è stato negativo.
«Anche io guardo avanti. Con il piano 2024-2026 Tim torna a generare cassa, a livello di Gruppo e in Italia, abbiamo davanti quasi 3 miliardi di potenziali earn-out, stiamo negoziando la cessione di Sparkle, elementi che contribuiranno senza dubbio ad accelerare le nostre riflessioni in materia di remunerazione agli azionisti. Il nostro obiettivo è una storia industriale solida e non uno e spezzatino. Siamo concentrati sul raggiungimento degli obiettivi del piano e sulla crescita del business domestico».
Che spiegazione si è dato per l’ondata di vendite?
«Certamente c’è un tema di aspettative di generazione di cassa nel biennio in corso ma è anche vero che il nostro è un titolo molto liquido, che siamo nel mezzo di un’operazione delicata e siamo più esposti alle vendite allo scoperto. Non a caso nel giorno del piano il prestito titoli ha raggiunto un picco, è presumibile che qualcuno abbia scommesso al ribasso. Ricordo che 16 banche d’affari esprimono un target price ben superiore ai prezzi attuali e in prevalenza con buy. Dobbiamo guardare avanti e condividere col mercato che il nuovo percorso è appena cominciato ed avrà grandi prospettive. Sono convinto che post cessione si vedrà maggiore ottimismo».
Pensa che sia stata solo speculazione o c’è qualcosa di più?
«Non spetta a me fare considerazioni, spetta a Consob fare le sue verifiche».
Parliamo del piano, è il primo di Tim senza la rete. Dopo oltre dieci anni che se ne parla sta per succedere. Cosa è cambiato?
«Le nuove sfide del mondo digitale spingono sempre più verso la sostituzione della rete in rame con quella in fibra, un passaggio che richiede forti investimenti per almeno 1,5 miliardi l’anno per 6-7 anni. Per una Tim verticalmente integrata significherebbe sostenere ingenti investimenti, il 28% del fatturato, soglia insostenibile. Per una società infrastrutturale il discorso è diverso. E’ questa la logica di creare Netco e venderla. Inoltre, se restiamo verticalmente integrati non potremmo partecipare al consolidamento: guardate l’operazione Fastweb-vodafone, il mercato sta cambiando».
Perché il piano parta serve concludere la vendita di Netco. Quanto ci vorrà?
«Il closing è previsto tra giugno e luglio ma non stiamo aspettando la vendita della rete per fare le cose, le stiamo già facendo».
I vostri concorrenti lamentano che gli accordi previsti dal “master service agreement” che regolerà i rapporti tra Tim e Netco vi danno un vantaggio.
«Non vedo elementi neanche potenziali di rischio. I servizi venduti da Netco a Tim saranno forniti in regime di non discriminazione per tutti gli operatori, praticando una politica di prezzi equamente accessibile a tutti».
Della rete cosa resterà in Tim?
«Manterremo tutta l’intelligenza della rete fissa e continueremo a essere l’operatore più infrastrutturato. Tim ha il backbone più distribuito sul territorio, la rete mobile col miglior spettro 5G e la principale infrastruttura di Data Center del Paese, ben 16 dietro a noi al secondo posto ci sono due operatori non Tlc che ne hanno quattro ciascuno».
Sarà una competizione in gran parte giocata sui servizi?
«Vogliamo costruire una vera e propria customer platform di servizi e contenuti. Dopo Netco potremmo sfruttare al meglio quello che abbiamo costruito. Potremmo offrire una connessione in fibra a 10 giga, 2 linee mobili e i contenuti di Disney, Prime, Netflix, Dazn e Apple+ più un’iphone a un costo fisso e in un unico pacchetto. Nessun concorrente oggi è in grado di farlo. Senza dimenticare che potremmo aggregare anche altri prodotti, dall’energia alle assicurazioni».
La parte più ricca del mercato è nel segmento business. Qui che piani ha la nuova Tim?
«Il piano prevede una crescita del 6% in un mercato enterprise che cresce tra il 4-5%. Il trend della tecnologia sta spingendo la migrazione sul cloud, dove si stanno spostando anche i servizi di cybersecurity. L’iot sta diventando sempre più importante. Faremo leva su queste direttrici e cresceremo più del mercato, considerando che siamo anche i primi azionisti del PSN, il cloud dove sta migrando la Pubblica
amministrazione».
In Servco il maggiore azionista resterà Vivendi. Può avere un ancora un ruolo?
«Io spero che continui a essere un’azionista ma che sia anche all’interno del Cda per supportare tutte le scelte strategiche del gruppo. E’ giusto che un socio al 23,7% dia il suo contributo all’interno del consiglio e quindi auspico che in qualche modo possa esserci una convergenza».
Teme rischi per la lista del Cda?
«Assieme al consiglio uscente abbiamo fatto tutto ciò che era nelle nostre possibilità per arrivare a un’operazione fondamentale per il futuro di questa azienda, grazie anche al supporto delle istituzioni».


13/03/24 Briefing.com: 3M in rialzo sulle crescenti speranze di un’inversione di tendenza più robusta (MMM)

Per gli azionisti di 3M (MMM), c’è stato poco di cui sentirsi bene negli ultimi anni poiché le azioni sono state dimezzate dalla metà del 2021 a causa dei persistenti problemi di contenzioso della società e della sua crescita sfibilante. Tuttavia, gli ultimi due giorni hanno fornito un raro raggio di luce per il titolo con azioni che sono salite di circa l’8,5%, rilanciate dall’annuncio di ieri che la società accoglierà William Brown come nuovo CEO, a partire dal 1° maggio.

  • Quella notizia sulla transizione della leadership, che ha suscitato speranze che il prolungato sforzo di inversione di tendenza di MMM si tradurrà finalmente in una crescita più forte, è stata seguita da alcuni commenti rassicuranti dell’attuale CEO Mike Roman durante la conferenza JP Morgan Industrials di questa mattina. In particolare, Roman, che diventerà presidente esecutivo quando Brown prenderà il timone come CEO, ha commentato che il primo trimestre sta andando come previsto, ma con alcune sacche di forza nel settore dell’aftermarket automobilistico e nell’elettronica, in particolare in Asia e Cina.
  • Questo è incoraggiante perché indica una continuazione dello slancio che esce dal quarto trimestre quando il segmento Trasporti ed Elettronica è oscillato verso una crescita positiva del +2,7%, dopo cali dell’1,8% e del 2,4% nei due trimestri precedenti. Il salto alla crescita positiva è stato alimentato da una stabilizzazione nel mercato finale dell’elettronica di consumo, che è stato approssimativamente piatto nel quarto trimestre.
  • Roman ha ancora caratterizzato il mercato finale industriale come misto nel complesso, ma il suo commento ottimista che ruota attorno a una ripresa dei mercati dell’elettronica, insieme a una riaffermazione della guida alle entrate FY24, sta fornendo qualche rassicurazione. In sostanza, ha preso qualche rischio dal tavolo in relazione agli utili del primo trimestre.
  • Su questa nota, Roman ha anche spinto la previsione EPS FY24 di MMM in più in alto di 0,05 dollari/azione a $2,05-$2,20. Ciò è legato a un finanziamento del debito di 8,4 miliardi di dollari alla fine di febbraio in cui il prossimo spin-off sanitario, chiamato Solventum (SOLV), manterrà 600 milioni di dollari con il resto che andrà a MMM. I $ 0,05/azione sono dovuti agli interessi sulla parte SOLV del debito. Sul tema del Solventum, Roman ha dichiarato che MMM prevede di mantenere una quota del 19,9%, che intende monetizzare nei primi cinque anni.
  • Ci sono molte parti mobili intorno a MMM e la sua inversione di tendenza è rimasta bloccata in modo neutrale, come evidenziato da otto trimestri consecutivi di calo delle entrate anno/anno. Tuttavia, il fatto che l’azienda stia portando un esterno a William Brown, che in precedenza è stato CEO dell’appaltatore della difesa L3Harris (LHX), dimostra che l’azienda è pronta a scuotere le cose.
  • MMM ha fatto buoni progressi in termini di risoluzione dei suoi problemi di contenzioso, in particolare per la causa Combat Arms, quindi un obiettivo principale ora per gli investitori è che MMM generi una crescita più forte. Per fare ciò, il signor Brown potrebbe aumentare la spesa di ricerca e sviluppo per riaccendere il motore di innovazione di MMM, oppure può rivolgersi alle acquisizioni per far ripartire la crescita.

Il principale punto di forza è che il sentimento aspro che incombe su MMM sta finalmente mostrando alcuni segni di miglioramento. Il CEO in arrivo William Brown ha il suo lavoro tagliato per lui, ma la maggior parte dei mercati di MMM si è stabilizzata, o addirittura migliorata, come l’elettronica di consumo. Il compito del signor Brown sarà quello di trasformare quella stabilizzazione in una crescita positiva. Se può farlo, allora un MMM malconcio potrebbe vedere un sfuggente rally sostenuto.


11/03/24 Tim risp: lo prendiamo questo Falling Knife?

never catch a falling knife!” dicono in America quando c’è una azione che sta scendendo a picco. E’ come cercare di prendere con le mani la lama di un coltello che sta cadendo: c’è da farsi molto male… nel 99% dei casi se una azione sta crollando ha i suoi buoni motivi per farlo: chi la compera ingolosito dal prezzo basso rischia di ritrovarsela dopo poco parecchio più sotto.

Eppure nel caso delle Tim risp….forse…

I titoli Tim sono due giorni che crollano per la sfiducia del mercato sul nuovo piano industriale post scorporo e vendita della rete. I dubbi sono sulla sostenibilità dell’indebitamento residuo.

Però le Tim sono due: le ordinarie e le risparmio e a noi potrebbero interessare queste ultime.

Ma cosa sono le azioni di risparmio? Un reperto dei tempi dei dinosauri, degli anni in cui i capitalisti italiani sempre a corto di capitali  per mantenere il controllo dei loro gruppi si inventarono questa categoria di azioni senza diritto di voto in assemblea. Gli azionisti di risparmio mettevano i soldi ma a comandare continuavano loro. In compenso le azioni di risparmio avevano alcuni vantaggi: essere le ultime a dover  essere svalutate in caso di perdite e soprattutto avere la precedenza sul pagamento dei dividendi e con una percentuale piu’ alta di quelle ordinarie

Vediamone le caratteristiche delle Tim Risp prese dall’attuale statuto della società:


Quindi protezione in caso di riduzione del capitale sociale ma soprattutto dividendo maggiorato: il 5% del valore nozionale dell’azione di 0,55 eur. (una volta era sul valore nominale ma ormai hanno eliminato anche quello) quindi 2,75 centesimi per azione CHE IN CASO DI MANCATO PAGAMENTO VIENE CUMULATO PER TRE ANNI. Cosa vuol dire? che l’anno scorso (esercizio 2022) Tim risp. non ha pagato dividendo. Quest’anno (esercizio 2023) molto probabilmente non pagherà e quindi il prossimo anno se la società torna in utile e a distribuire dividendi alle azioni di risparmio spetterebbe 8,25 centesimi che su un titolo che ha chiuso oggi a 21,35 rappresenta un rendimento (lordo) del 38%

Ma se non paga neanche il prossimo anno? L’azione si porta dietro gli 8,25 cent pari a tre dividendi cumulati fino a quando tornerà in utile e pagherà. C’e’ il precedente delle Edison Risp. rimaste quotate dopo che EDF aveva cancellato con un OPA le azioni ordinarie dal listino: per anni non hanno pagato il dividendo ma nel 2022 sganciò un dividendo monstre di 28,5 cent (cumulava per 5 anni).

In più siccome le azioni di risparmio non sono ben viste dal mercato se la TIM – mai dire mai – ritornasse a fare utili potrebbe cercare di convertirle in azioni ordinarie come hanno fatto tante altre società e in questo caso di solito per convincere gli azionisti viene loro offerto un premio di conversione rispetto ai prezzi del momento.

Ma Telecom non è cosi mal messa da poter fallire? Si ma… mentre le azioni crollavano i bond di telecom (rating sotto l’investment grade comunque) sono rimasti quasi stabili segno che il mercato a questa ipotesi crede poco. E poi stiamo parlando di una società strategica per l’immagine dell’Italia…

In più controlla Tim Brasil – l’unica partecipazione rimasta di quelle che aveva prima della dissennata privatizzazione fatta negli anni 90 dal tandem Prodi\Draghi – che da sola vale più della attuale capitalizzazione di Telecom quindi ancora un poco di ciccia da spolpare ci sarebbe….

Comunque visto che come dicono gli americani “nessun pasto è gratis”… e presumendo che siate tutti adulti e vaccinati – e che io ho messo in prima pagina un bel DISCLAIMER – fate un poco come vi pare…


28/02/24 Briefing.com: Beyond Meat sta cucinando oggi mentre le azioni aumentano a seguito di nuove iniziative di turnaround (BYND)

Beyond Meat (BYND +42%) sta cucinando oggi mentre le azioni riprendono vita su molteplici iniziative organizzative volte a invertire le vendite poco brillanti e ad ampliare le perdite nette. Il fornitore di carne vegetale ha incontrato numerosi ostacoli negli ultimi tre anni, dalla saturazione del mercato che ha portato a un’accresciuta attività promozionale a intense pressioni inflazionistiche che hanno innescato un elevato trade-down dei consumatori.

Tuttavia, per l’anno fiscale 24, BYND sta restringendo la sua attenzione a cinque pilastri centrali: accelerare verso una struttura operativa più snella, rinnovare le offerte di base per il consumo statunitense, attuare cambiamenti dei prezzi, liberare capitale e investire in modo più aggressivo in Europa. In combinazione con le vendite allo scoperto al 37% del flottante, che sta stimolando l’azione di short squeeze, gli investitori stanno esprimendo la loro eccitazione per un anno cruciale per BYND, spingendo le azioni verso i massimi di sei mesi oggi.

  • BYND è in mezzo a un’aggressiva riduzione dei costi, stabilendo un minimo di 70 milioni di dollari di tagli dal suo bilancio operativo per il 2024. Di conseguenza, BYND sta prendendo di mira OpEx di 170-190 milioni di dollari, in calo rispetto ai 259 milioni di dollari nel FY23, che si è aggiun miglioramento decente da 319 milioni di dollari nel FY22. Parte di questo piano prevede l’interruzione di alcuni prodotti. Ad esempio, BYND sta interrompendo la produzione del suo Beyond Meat Jerky.
  • Il gusto è essenziale per spostare il prodotto. BYND è ora alla quarta iterazione della sua carne bovina vegetale, lanciando Beyond IV nella vendita al dettaglio negli Stati Uniti il mese prossimo con una più ampia distribuzione in aprile e maggio.
  • Un’altra componente vitale della crescita delle vendite è il prezzo. BYND ha lottato con l’ambiente inflazionistico, costringendolo a offrire maggiori sconti commerciali e portando a margini tetri. Ad esempio, nel quarto trimestre, i margini lordi sono stati -113,8%, considerevolmente peggiori del – 3,7% nel 4Q22. A rendere la compressione del margine più frustrante è stato che non è riuscita a stimolare un significativo aumento delle vendite, con BYND che ha registrato il suo settimo trimestre consecutivo di crescita in calo nel quarto trimestre. Tuttavia, BYND sta cercando di trasformare le cose nel FY24, implementando programmi di determinazione dei prezzi nel secondo trimestre per supportare il ripristino del margine.
  • Aiutando l’obiettivo di BYND di ripristinare i margini è anche il consolidamento della sua rete di produzione. Negli ultimi due anni, BYND ha contratto la sua rete di produzione da 13 co-packer in Nord America a uno solo. L’assegnazione di risorse alle sue imprese europee sarà vitale per sostenere la crescita di BYND quest’anno.
  • La domanda internazionale attraverso i canali di vendita al dettaglio e di ristorazione ha guidato principalmente un aumento del volume dell’8% annuo/anno nel quarto trimestre. I partner europei di BYND sono marchi di spicco, tra cui McDonald’s (MCD), Pizza Hut (YUM) Starbucks (SBUX).

BYND ha molto nel suo piatto quest’anno. Con così tante parti in movimento, le interruzioni in una qualsiasi delle sue cinque iniziative principali potrebbero ritardare o fermare gli sforzi di turnaround. Mentre ci piacciono i piani ambiziosi di BYND, potrebbe arrivare troppo tardi. La concorrenza si è intensificata, con dozzine di opzioni alternative di carne a base vegetale nei punti vendita al dettaglio. Inoltre, molti di questi marchi sono penetrati nell’industria della ristorazione, rendendo più difficile per BYND far crescere questo canale. Anche se le azioni stanno sfrigolando oggi, ci piace un approccio wait-and-see che circonda l’inversione di tendenza di BYND.


27/02/24 Barron’s: Beyond Meat vola dopo la trimestrale

Beyond Meat – un tempo una delle azioni darling di Wall Stret e’ improvvisamente balzata dell’80% nel dopo borsa grazie ad una trimestrale che mostra vendite migliori delle previsioni. Dato che e’ uno dei titoli più shortati (il 38% del flottante) è facile che stia partendo uno short squeze (una strizzata ai co_glioni degli scopertisti) con i fiocchi e in questo caso dopo qualche giorno di rialzi selvaggi il titolo tornerà nell’oblio… ma magari è davvero un punto di svolta industriale

DaEvie LiuSegui

Le vendite di Beyond Meat sono diminuite del 7,8% nel quarto trimestre rispetto a un anno fa.

BYND  ha registrato un calo delle vendite anno su anno per il quarto trimestre, mentre la perdita di utili è stata peggiore delle aspettative degli analisti. Tuttavia, il titolo sta salendo dell’80% nel dopobarba poiché il numero di top-line era più alto del previsto.

Per gli ultimi tre mesi del 2023, la società di carne a base vegetale ha registrato 155 milioni di dollari di perdite nette, o 2,40 dollari per azione, su 73,7 milioni di dollari di entrate nette.

Le vendite sono diminuite del 7,8% rispetto a un anno fa, ma sono state superiori alle previsioni di Wall Street. Gli analisti intervistati da FactSet si aspettavano un fatturato trimestrale di 66,7 milioni di dollari con una perdita di 89 centesimi per azione.

Questa è una notizia dell’ultima ultima informazione. Torna presto per ulteriori analisi.


17/01/24 Barron’s: Il mistero della valutazione ridicolmente bassa delle azioni Volkswagen

DaAl RootSegui

Arno Antlitz, direttore finanziario di Volkswagen AG,

Volkswagen è una delle più grandi case automobilistiche del pianeta, con grandi piani per vendere più veicoli elettrici negli Stati Uniti.

Vendere veicoli elettrici agli americani non dovrebbe essere in cima alla mente per gli investitori statunitensi, però. La domanda migliore è: cosa succede con la valutazione delle azioni Volkswagen?

Volkswagen sembra stranamente economica. La società ha venduto 9,2 milioni di auto nel 2023 e la sua capitalizzazione di mercato è di circa 63 miliardi di dollari, mentre Toyota Motor ha venduto circa 10 milioni di auto, ma ha una capitalizzazione di mercato di circa 260 miliardi di dollari, secondo FactSet.

Questo è solo l’inizio dell’enigma ellai valutazione. Volkswagen ha circa 50 miliardi di dollari in più di contanti sui suoi libri rispetto al debito, compresi gli aggiustamenti tipici delle grandi case automobilistiche per cose come le operazioni di leasing. Volkswagen possiede anche circa il 75% delle azioni di Porsche. Quella quota vale circa 55 miliardi di dollari. Quindi, al netto del contante e delle azioni Porsche, le azioni Volkswagen valgono approssimativamente 40 miliardi di dollari negativi.

Non ha senso. “Perché le nostre azioni sono scambiate in questo modo?” chiede il direttore finanziario di Volkswagen Arno Antlitz. Forse le valutazioni depresse per i pari nella sua regione sono un dato di fatto. “Prima di tutto questo è vero per alcune aziende in Europa”.

Stellantis ha una capitalizzazione di mercato di circa 63 miliardi di dollari. Netto di contanti e leasing, quel numero è più vicino a 30 miliardi di dollari, lasciando le azioni Stellantis scambiate per 2 volte gli utili stimati del 2024. Le azioni BMW vengono scambiate per circa 3 volte i guadagni. Le azioni Ford Motor e Toyota scambiano entrambe per circa 4 volte gli utili, dopo gli aggiustamenti, mentre le azioni GM scambiano per circa 3 volte. Eppure le azioni Volkswagen vengono scambiate per guadagni negativi di 3 volte.

C’è anche il problema della complessità di Volkswagen. Ha molte marche, tra cui Porsche, Audi, Skoda, Lamborghini e Bentley. VW ha anche una società di batterie EV chiamata PowerCo.

Antlitz sta lavorando per ridurre la complessità. “Siamo aperti a portare investitori esterni per PowerCo”, dice, aggiungendo che alla fine ci dovrebbe essere un’offerta pubblica iniziale di PowerCo, simile a quello che VW ha fatto con Porsche nel 2022.

Anche se l’IPO di Porsche non ha fissato la valutazione di Volkswagen, ha generato un certo valore per gli azionisti. VW ha pagato circa 19 euro (20,66 dollari) per azione in dividendi speciali.

Volkswagen preferisce pagare dividendi variabili, dichiarati annualmente, come sua principale forma di ritorno di capitale agli azionisti, e mira a pagare circa il 30% dei profitti totali. Nell’ultimo decennio-plus, Volkswagen ha pagato circa 35 miliardi di euro (38 miliardi di dollari), che rappresentano circa il 31% dei suoi profitti totali.

Alla fine, gli investitori devono smettere di pensare alla valutazione di VW e pensare ad altre cose. È troppo difficile da capire. “Quali altre domande riceviamo… Sei in grado di aumentare la tua strategia di elettrificazione come previsto”, spiega Antlitz.

La sua risposta è sì, indicando dati recenti. In tutti i suoi marchi, veicoli elettrici a batteria o BEV, le vendite hanno superato le 770.000 unità nel 2023, in aumento di circa il 35% anno su anno. I BEV hanno rappresentato oltre l’8% delle vendite totali di auto, rispetto a circa il 7% del 2022.

Le vendite di VW BEV negli Stati Uniti sono cresciute di circa il 60%, arrivando a circa 70.000 unità. Cinque modelli hanno venduto più di 5.000 unità nel 2023, rispetto ai tre modelli del 2022.

Più crescita di BEV sta arrivando man mano che i modelli proliferano. “Solo un numero molto piccolo di segmenti sono elettrificati finora”, afferma Antlitz. “Ci sono così tanti modelli in arrivo…[il] ID Bus, ID. 7, Q6 E-Tron.” Alla fine, ci saranno anche veicoli elettrici VW sotto i 35.000 dollari.

Il successo dei veicoli elettrici potrebbe anche far parte dell’attuale enigma di valutazione. Forse gli investitori sono preoccupati che i BEV non saranno redditizi come le auto tradizionali. Volkswagen non vede un problema di profitto e sta pianificando la “parità di margine” su alcuni modelli di veicoli elettrici entro il 2025. Ciò significa essenzialmente guadagnare margini di profitto operativi dal 7% all’8%. I costi della batteria più bassi e una maggiore scala di produzione sono fondamentali per aiutare a raggiungere questo obiettivo.

Forse i profitti di BEV possono aiutare a risolvere l’enima di valutazione di Volkswagen. Nient’altro ha funzionato finora.


12/01/24 Bloomberg: Le azioni di chip con le peggiori prestazioni affrontano più tristezza nel 2024

  • Gli investitori di Wolfspeed si sono inaspriti tra le lotte con il nuovo impianto
  • Lo stock di semiconduttori ha un inizio difficile quest’anno
Joe Biden durante una visita alle strutture Wolfspeed a Durham, nella Carolina del Nord.
Joe Biden durante una visita alle strutture Wolfspeed a Durham, Carolina del Nord.Fotografo: Jim Watson/AFP/Getty Images

Di Ian King

In uno dei migliori anni mai registrati per le azioni di semiconduttori, Wolfspeed Inc. è riuscita a perdere più di un terzo del suo valore. La maggior parte di Wall Street non scommette su una rapida inversione di tendenza nel 2024.

Il produttore di chip che controllano la potenza nei veicoli elettrici e in altri dispositivi è stato l’unico titolo dell’indice Philadelphia Stock Exchange Semiconductor a diminuire nel 2023. Gli investitori si sono inaciditi dopo i ritardi nei suoi sforzi per introdurre un modo più avanzato di produrre chip che sono una componente vitale dei veicoli elettrici, una rampa che dovrebbe renderlo più redditizio. Wolfspeed non è stato in grado di far funzionare il suo nuovo impianto nello stato di New York vicino alla capacità.

In uno spettacolo di quanto poca fiducia abbiano gli analisti in un rally, l’obiettivo di prezzo medio a Wall Street era solo pochi dollari sopra il prezzo delle azioni all’inizio dell’anno, secondo i dati compilati da Bloomberg. Da allora, Wolfspeed è sceso di un altro 20%, rendendolo ancora una volta il peggior performer sull’indice dei chip di riferimento. Meno della metà dei 24 analisti che coprono l’azienda ha valutazioni di acquisto.

“Il loro track record è stato molto incoerente”, ha detto Chris Rolland, un analista di Susquehanna Investment Group, citando una serie di deludenti rapporti sugli utili che si sono conclusi in ottobre quando la società ha riferito vendite migliori del previsto. “Devono continuare a soddisfare, o meglio ancora superare, le aspettative di entrate dalla rampa della Mohawk Valley”, ha detto, riferendosi allo stabilimento di New York.

I problemi di Wolfspeed derivano dai ringhi di produzione in un altro dei suoi stabilimenti che è uno dei maggiori produttori di wafer di carburo di silicio. I wafer sono ciò su cui sono costruiti i suoi chip e una fornitura inadeguata sta soffocando la produzione presso lo stabilimento di chip di Mohawk Valley.

Non riuscire a massimizzare la produzione in un costoso impianto di produzione è un peccato cardinale per un produttore di chip, che deve affrontare costi fissi elevati per la produzione che possono rapidamente diventare obsoleti. La spesa degli impianti di costruzione può essere giustificata solo se le aziende possono gestire i loro impianti 24 ore al giorno il più vicino possibile.

Se Mohawk Valley può essere portato presto a piena capacità, Wolfspeed sarà in grado di ridurre i costi fino al 40% rispetto alla sua produzione esistente e l’azienda dovrebbe avere “un grande vantaggio in termini di costi” rispetto a concorrenti come ON Semiconductor Corp. per alcuni anni, secondo l’analista di Wells Fargo Gary Mobley.

L’orologio sta ticchettando, tuttavia. I suoi colleghi stanno ora segnalando che la domanda automobilistica sta rallentando poiché i produttori di veicoli tagliano gli ordini per ridurre le scorte di parti inutilizzate. La scorsa settimana, Mobileye Global Inc. ha avvertito che un tale accumulo stava pesando pesantemente sugli ordini e le sue entrate del primo trimestre scenderanno del 50% rispetto all’anno precedente.

Non tutti sono pessimisti su Wolfspeed, ovviamente. Jed Dorsheimer di William Blair ha definito il titolo la sua “migliore idea” del 2024. La chiamata è radicata nella convinzione che la Mohawk Valley avrà presto i wafer necessari per operare a una capacità molto più elevata e che le forniture di wafer dalla Cina non presto sapranno il vantaggio competitivo di Wolfspeed.

Per George Gianarikas di Cannacord Genuity, uno degli 11 analisti che hanno un rating di acquisto sulle azioni della società, possedere Wolfspeed si riduce a una scommessa sulla sua capacità di fare abbastanza carburo di silicio per fornire l’impianto di Mohawk.

“Saranno in grado di fare quel materiale? Penso di si, ma nessuno lo sa, compresi probabilmente loro”, ha detto in un’intervista.

La società ha affermato che c’è più domanda di quella che può essere attualmente fornita e che mettere in funzione le sue nuove strutture alimenterà una grande opportunità di entrate.

“Il nostro piano di espansione della capacità supporta un’opportunità di mercato di 20 miliardi di dollari entro il 2030”, ha detto la società in una dichiarazione via e-mail. “Siamo fortemente concentrati sull’aumento di questa capacità degli Stati Uniti, perché c’è una significativa mancata corrispondenza offerta/domanda per il prossimo futuro”.

Quando Wolfspeed riporta gli utili fiscali del secondo trimestre alla fine di questo mese, si prevede che mostrerà una perdita netta dalle operazioni continue di 139 milioni di dollari, secondo la stima media degli analisti. La società non ha avuto un profitto annuale dal 2014 e non si prevede che tornerà alla redditività su base annuale fino al 2027.

L’impianto di Mohawk Valley punta all’utilizzo del 20% entro la fine dell’anno fiscale 2024, che termina a giugno. Per soddisfare la necessità di più cosiddetti wafer SiC, sta anche investendo in un’altra struttura nella Carolina del Nord per far crescere i cristalli che diventeranno i wafer per formare la base su cui sono poi costruiti i chip.

Per ora, mentre i costi della sua scommessa sulla produzione del nuovo tipo di chip aumentano, tutti gli investitori vogliono vedere che è la prova che sta dando i suoi frutti, secondo l’analista di Cowen & Co. Joshua Buchalter.

“Si tratta di quanti wafer possono produrre a rendimenti abbastanza alti per alimentare la loro struttura”, ha detto.


20/12/23 Forbes: Come perdere quasi 20 miliardi di Dollari: La cronaca della caduta di Charles Ergen e della sua Dish Network E il suo ultimo tentativo di Rilancio.

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Dish ed EchoStar di Charles Ergen dovrebbero fondersi entro la fine dell’anno.ANDREW KELLY/REUTERS/REDUX

Una volta la 24a persona più ricca d’America, l’ex giocatore di poker sta facendo un’audace offerta per far rivivere il suo impero e la sua fortuna.

Di Monica Hunter-Hart, Collaboratrice


All’inizio del 2015, Charles Ergen era la persona più ricca del Colorado e la 24a più ricca degli Stati Uniti. Circa 14 milioni di famiglie guardavano la loro TV grazie alla sua Dish Network, che aveva recentemente raggiunto un’alta capitalizzazione di mercato di tutti i tempi di quasi 37 miliardi di dollari. La sua seconda attività, EchoStar, stava approfittando del successo di Dish, fornendo la maggior parte della tecnologia satellitare per le sue trasmissioni. Ergen, che possedeva pezzi considerevoli di entrambe le società quotate in borsa, aveva una fortuna di 20,1 miliardi di dollari.

Poi sono arrivate le guerre in streaming. Mentre i clienti affollano opzioni on-demand basate su Internet come Netflix e Hulu, la base di abbonati di Dish TV è scesa a 6,7 milioni, in calo rispetto a un picco di 14,1 milioni nel 2010. Dish ha perso 900.000 clienti solo nell’ultimo anno. Gli azionisti hanno abbandonato la nave, spingendo il titolo da 70,83 dollari per azione nove anni fa a 4,88 dollari ora, un calo del 93%, compresa una caduta libera del 65% nel 2023. Nel frattempo, EchoStar ha generato 1,8 miliardi di dollari di entrate nei 12 mesi fino a settembre, quasi la metà dei 3,4 miliardi di dollari generati nove anni fa. Non sorprende che il patrimonio netto di Ergen, che rimane in gran parte legato nelle due imprese, sia crollato, scendendo di uno straordinario 94% dal 2015, nonostante l’S&P 500 abbia guadagnato il 125% di valore nello stesso periodo. La sua fortuna è scivolata sotto gli 800 milioni di dollari a novembre, quando è caduto brevemente dai ranghi dei miliardari per la prima volta dal 1998.

Ora Ergen, un ex giocatore di poker professionista, sta scommettendo di poter invertire le sue fortune con una revisione completa del business: fondendo EchoStar e Dish e trasformando il business da pay TV in un operatore di rete wireless 5G. La sua scommessa si basa su una tecnologia rivoluzionaria ma poco testata e su un accordo che porterà denaro tanto bisognoso per ordinare il bilancio di prestiti di Dish, che ammonta a 21 miliardi di dollari di debito, di cui 3 miliardi di dollari dovuti l’anno prossimo. “Aveva bisogno di fare mosse audaci”, afferma Roy Chua, fondatore e preside di AvidThink.

Annunciata ad agosto, la FCC ha approvato la fusione il 6 dicembre, facendo salire il titolo del 31% dal suo minimo di 3,32 dollari e contribuendo a riportare Ergen nei ranghi dei miliardari; attualmente vale 1,3 miliardi di dollari. La transazione dovrebbe chiudersi entro la fine del mese. Gli investitori sono incoraggiati dal fatto che Dish sarà ora in grado di pagare almeno il primo dei suoi enormi debiti l’anno prossimo, anche se gli analisti rimangono scettici sulla salute a lungo termine dell’azienda, soprattutto perché i debiti potrebbero continuare a crescere e l’azienda deve raccogliere miliardi in più di capitale. Non è la prima volta che Ergen ha affrontato probabilità difficili o ha escogitato un piano a lungo per tirarlo via d’uscita.


Nato in Tennessee nel 1953 da un ex fisico del Progetto Manhattan, Ergen si è fatto carico delle sue finanze all’età di 18 anni, quando suo padre è morto, rassimonando i fondi per le tasse scolastiche all’Università del Tennessee-Knoxville da lavori occasionali e vincite di poker. Dopo la laurea, ha ottenuto un MBA a Wake Forest e ha lavorato per alcuni anni come revisore dei conti e poi come analista finanziario prima di decidere che non era tagliato per essere un dipendente aziendale.

Nel 1980, si è unito alla fiorente industria della TV satellitare, fondando EchoStar (originariamente chiamata Echosphere) con la sua futura moglie, Cantey McAdam, e il suo amico Jim DeFranco, che insieme vendevano parabole satellitari dal retro di un camion. Mentre il trio attraversava un’autostrada del Colorado per installare il loro primo sistema, Ergen, guidando troppo veloce, si è visto perdere metà del suo inventario in pochi secondi mentre una raffica di vento soffiava via dal piatto che stavano trainando.

Dopo alcuni anni di installazione di parabole ai clienti in tutta la montagna occidentale rurale, ha deciso di provare a inviare satelliti nello spazio in modo da poter offrire i propri servizi di trasmissione. Con obbligazioni spazzatura e un’IPO da 63 milioni di dollari, il suo team ha messo insieme abbastanza soldi entro la fine del 1995 per lanciare il loro primo satellite, utilizzando un razzo della China Great Wall Industry Corp. che aveva un tasso di fallimento del 50%. Ergen in seguito ha detto che l’azienda avrebbe potuto immediatamente crollare se quel lancio non avesse funzionato. Così iniziò Dish Network, allora un’entità sotto EchoStar.

Nel giro di due anni, EchoStar aveva oltre 1 milione di clienti e stava aggiungendo abbonati sei volte più velocemente del suo più grande concorrente DirecTV. Bastava per collocare Ergen tra le persone più ricche della nazione. Nel 1997, è apparso per la prima volta su The Forbes 400, per un valore stimato di 500 milioni di dollari. Nello stesso anno, ha fatto notizia per un famigerato scontro con Rupert Murdoch di News Corp., che aveva accettato di unire le risorse della TV satellitare ma poi si era ritirato dall’accordo, lasciando EchoStar per morto. Ergen, furioso, lo ha citato in giudizio per violazione del contratto. È finito in imbarazzo per Murdoch, che non è riuscito a trovare partner satellitari alternativi ed è tornato a EchoStar, accettando un accordo peggiore di quello che aveva avuto in primo luogo. (I due hanno continuato ad affrontarsi per anni come concorrenti; Murdoch ha acquisito DirecTV un anno dopo che l’offerta di Ergen è fallita.)

Lungo la strada, Ergen ha sviluppato una reputazione di frugalità, compresa la richiesta dei primi dirigenti di EchoStar di condividere le camere d’albergo – cosa che ha fatto anche lui – e di prenotare voli red-eye quando possibile. Negli anni ’90, si è comprato un pass a vita su United Airlines dandogli il miglior posto disponibile su qualsiasi volo nazionale per il resto della sua vita, una decisione che ha fatto risparmiare alla compagnia “milioni di dollari”, afferma il portavoce di Dish Ted Wietecha.

Ergen non è noto per fare acquisti appariscenti, anche se ha speso almeno 65 milioni di dollari dalla fine degli anni ’80 acquistando gradualmente circa 14.400 acri di terreno ranch nel Colorado sud-occidentale che ora vale circa 120 milioni di dollari.

Nel 2008, Ergen ha trasformato Dish in una società separata, che è diventata l’attività principale, affermando che la separazione avrebbe aiutato l’espansione dei fondi e avrebbe permesso a ciascuna entità di specializzarsi (Dish sulla pay TV; EchoStar sulla tecnologia satellitare). Mentre la star di Dish si alzava, Ergen si è anche fatto alcuni nemici, guadagnandosi il titolo di “l’uomo più odiato di Hollywood” da The Hollywood Reporter e Dish come “peggiore compagnia per cui lavorare” più volte da 24/7 Wall St nei primi anni 2010. “Naturalmente Hollywood odiava Charlie”, risponde il portavoce Wietecha, perché Ergen ha introdotto la tecnologia di ad-slipping all’epoca che ha fatto arrabbiare le emittenti: “Quella lotta è solo un altro esempio di Dish che innova per conto dei consumatori”.

Non era solo Hollywood. Un flusso costante di cause legali da parte di altre aziende, clienti e dipendenti ha accusato Ergen e le sue aziende di violazioni di brevetti, distruzione di documenti, violazione del copyright, discriminazione sessuale e di disabilità e altri reati nel corso degli anni. Una volta è stato accusato di aver usato i soldi del fondo fiduciario di sua figlia (senza dire a sua moglie) di acquistare illegalmente il debito di un’altra azienda. I giudici hanno condannato Ergen e le sue aziende, con una che critica la loro “pratica sostenuta e radicata di violare la legge” e un’altra che dice che la loro condotta in tribunale “non soddisfa nemmeno il comportamento degli studenti della scuola di legge”.

Alla domanda di commentare le cause legali, il portavoce di Dish ha affermato che la società ha generalmente prevalso nel contenzioso. “Come la maggior parte delle grandi aziende che sono in attività da decenni, ci sono una serie di procedimenti legali a cui si può indicare o chiamare”, afferma il portavoce. “È facile scegliere tra loro per dipingere qualsiasi falsa narrazione tu voglia”.

Ergen ha anche ripetutamente fatto arrabbiare la FCC per aver usato manovre oscure nelle aste e non aver rispettato alcune delle scadenze di licenza di Dish.

“Non credo che si possa dire che questo era “un tempo grande business””, afferma Craig Moffett, amministratore delegato di MoffettNathanson. “Devi davvero passare attraverso la storia di Dish e cercare di trovare qualcosa di lode, e non è facile”.

A suo merito, Ergen ha visto arrivare il declino della sua industria e ha cercato di creare nuove linee di vita. Ha comprato il Blockbuster in bancarotta per 320 milioni di dollari nel 2011, sperando di utilizzare la sua biblioteca per creare un concorrente Netflix e i suoi negozi per vendere un futuro servizio wireless, ma nessuno dei due è successo (ha detto che era troppo tardi per il primo obiettivo e troppo presto per il secondo). Ha lanciato il primo servizio di streaming TV in diretta, Sling TV, nel 2015. La sua crescita si è rapidamente bloccata, però, tra la concorrenza di artisti del calibro di YouTube TV e Hulu Live.

Un ex dirigente di Dish incolpa una “porta girevole” della leadership dell’azienda per i problemi di Sling. Nel decennio fino al 2022, 24 persone hanno ruotato attraverso il team di dirigenti dell’azienda (che variava in dimensioni da 7 a 14); tre sono rimaste meno di un anno. (“Contabilità per i dirigenti che sono andati in pensione, l’attrito è stato pari o inferiore alle medie del settore”, afferma il portavoce di Dish.) Non ha aiutato il fatto che le stock option dei dirigenti di Dish, in cui sono pesantemente compensate, non siano valse molto da anni, dato il prezzo delle azioni in crate.

“Perché dovresti rimanere se riesci a vedere la traiettoria del titolo?” dice l’ex dirigente. “Charlie era incredibilmente intelligente, un visionario. In realtà poteva vedere dietro gli angoli. Penso che il suo problema sia probabilmente la sua testardaggine. Probabilmente ha perso denaro in valore non volendo pagare le persone e dovendo ricominciare tutto da capo nei posti di comando chiave”.

Ora, Ergen pensa di aver trovato un’altra scialuppa di salvataggio: il 5G. Dal 2008, ha acquisito in modo criptico le licenze per lo spettro, le bande di frequenze radio su cui viaggiano le comunicazioni wireless e che sono regolate dalla FCC. Entro il 2020, era seduto su un enorme portafoglio di licenze che stavano per scadere prima di poterle usare.

È stato allora che ha ricevuto la sua ultima tregua di 11 ore, da un’indagine antitrust: la FCC stava discutendo se consentire una fusione tra due dei quattro principali operatori di telefonia cellulare degli Stati Uniti, T-Mobile e Sprint. Piuttosto che vietare la mossa, la commissione ha ideato l’insolito piano di aiutare un nuovo operatore a ottenere le risorse per sostituire Sprint come quarto giocatore sul mercato. Dish, con la sua montagna di prezioso spettro, era l’unica azienda che poteva ricoprire il ruolo.

Quindi T-Mobile e Sprint sono stati autorizzati a unire le forze e Dish ha ricevuto estensioni di licenza di spettro e l’attività wireless prepagata di Sprint, a condizione che Dish sviluppasse un’attività postpagata mentre costruiva la propria rete 5G a velocità record.

Ergen ammette che correre a rispettare le scadenze della FCC ha significato che il team Dish ha dovuto andare “avanti davanti ai nostri sci”, come ha detto nella più recente chiamata agli utili di Dish. “Stiamo facendo qualche errore in più di quanto probabilmente vorremmo fare”, ha detto. Inizialmente hanno avuto problemi a integrare i pezzi della rete e gli analisti dicono di aver fatto un cattivo lavoro di marketing sia di Boost Infinite, il nuovo servizio wireless postpagato di Dish. I numeri iniziali di Boost Infinite non sono incoraggianti: Dish ha perso 225.000 clienti nell’ultimo trimestre tra prepagato e postpagato.

Inoltre, le telecomunicazioni sono un’industria estremamente ad alta intensità di capitale, quindi Ergen ha avuto bisogno di affondare miliardi nella sua rete molto prima di riavere un centesimo indietro. Nonostante abbia 3 miliardi di dollari di debito in scadenza l’anno prossimo e 21 miliardi di dollari di debito totale, Dish ha solo 3 miliardi di dollari in attività correnti. La società ha riportato una perdita netta di 139 milioni di dollari lo scorso trimestre e ha un rapporto di leva finanziaria di quasi 11 volte l’EBITDA, ben al di sopra delle due o tre volte la media per le società di telecomunicazioni, secondo un’analisi della società di ricerca MoffettNathanson.

“Realisticamente, non c’è più modo di finanziare l’attività”, dice Craig Moffett dell’azienda. “Sembra che questa attività sia destinata alla bancarotta. È solo una questione di quando.”

Gli analisti ritengono che sia per questo che Ergen ha deciso ad agosto di riunire Dish ed EchoStar. La mossa gli consentirà di utilizzare la posizione di cassa netta positiva di quest’ultimo (2,5 miliardi di dollari in attività correnti contro 1,5 miliardi di dollari di debito) per pagare almeno il primo dei prestiti di Dish, dandogli un po’ di respiro. La FCC ha approvato la fusione, che dovrebbe chiudersi entro la fine di questo mese e designerà EchoStar come società principale e Dish come filiale.

Ergen è finora un “sopravvissuto”, riconosce Moffett, in quanto ha molte volte aggirato la catastrofe. “Sì, ha vissuto per combattere un altro giorno, ma ogni volta meno un altro arto, al punto che ora è una specie di Cavaliere Nero nei film di Monty Python”. In una scenetta del Santo Graal, quel cavaliere viene macellato fino a quando non è un busto sanguinante e senza arti, che sbava per una lotta che non ha alcuna possibilità di vincere.

Ergen deve continuare a competere con giganti affermati come T-Mobile, AT&T e Verizon nel wireless postpagato, almeno per ora, per soddisfare i requisiti della FCC. Ma il modo in cui lo dice, la vera via d’uscita da questo casino è il suo software 5G all’avanguardia. Sta creando la prima “rete di accesso radio aperta” degli Stati Uniti, o O-RAN, che è nativa del cloud e destinata ad essere più economica di altre reti wireless e fornire più velocità, affidabilità e opzioni per i consumatori. O-RAN dovrebbe essere utile per le reti 5G private, in particolare nei luoghi di lavoro in stile campus. Verizon, AT&T e T-Mobile stanno anche iniziando a competere per questo nascente mercato “enterprise”, ma non hanno le capacità O-RAN di Dish.

“Penso che sia lì che alla fine la partita sarà vinta e persa per noi”, ha detto Ergen nella recente chiamata ai guadagni.

O-RAN è ancora giovane e alcuni esperti avvertono che potrebbe essere più costoso del sperato e portare rischi per la sicurezza. Finora il mercato delle applicazioni 5G private è stato più lento ad emergere del previsto, in parte perché l’occupazione di persona è crollata durante la pandemia ed è stato lento a riprendersi.

“Le reti 5G private potrebbero essere una linea di entrate significativa per Verizon entro il ’25”, afferma Ric Prentiss, capo della ricerca sulle telecomunicazioni presso Raymond James. “Ora, se sei Dish, ’25 sembra un’eternità di distanza in questo momento”.

Potrebbe sembrare abbastanza lontano anche per il più grande azionista di Dish, Ergen, che ha visto quasi 20 miliardi di dollari di ricchezza personale scomparire nell’ultimo decennio mentre l’ex giocatore d’azzardo è passato da un piano di inversione di inversione all’altro alla ricerca della scommessa perfetta per riconquistare le sue perdite.

“Non si sa mai con Charlie”, dice Roy Chua di AvidThink. “Come è stato dimostrato anno dopo anno più e più volte, non è mai il caso di darlo per spacciato. Mai.”

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